Augusta Ada Byron (10 Dicembre 1815) era figlia del poeta inglese Byron e della moglie Anne Isabella Milbanke da cui egli si separò quando la bambina era molto piccola, per poi andarsene dell’Inghilterra e non avere più alcun rapporto con la figlia.
A crescere Ada fu, dunque, la madre, nobildonna dall’animo più rigoroso che amorevole, mecenate e matematica che mise la figlia sulla strada delle scienze fin dalla tenera età.
Nonostante un inizio difficile - la salute della bambina era assai cagionevole -, Ada si applicò nello studio sotto l’egida di illustri precettori. Tra questi molta influenza ebbe Mary Somerville, importante matematica ed astronoma, autrice di testi adottati a Cambridge e traduttrice dell’opera di Pierre Simon Laplace in inglese, che istruì la giovane mostrandole un’accezione più umanistica delle scienze che le accostava ad una visione in un certo qual modo poetica e filosofica.
Nel mentre accresceva le sue conoscenze, Ada si sposò, acquisendo il cognome del marito, Conte di Lovelace, da cui ebbe tre figli.
Nel 1833 in occasione di un ricevimento ospitato proprio dalla Somerville, incontrò Charles Babbage. La Lovelace rimase del tutto affascinata dagli studi di lui sulla “Macchina Analitica” e su quella “Differenziale”, mentre Babbage venne impressionato dall'intelligenza e dalla perspicacia di Ada, che soprannominò “Incantatrice di numeri”. Tra i due nacque, così, un lungo e proficuo sodalizio di menti colmo di scambi epistolari, idee e visioni. 
Quando nel 1842 Babbage fu invitato a Torino in occasione del Secondo Congresso degli scienziati italiani, l’interesse che le sue teorie destarono in Federico Menabrea fu tale che l’ingegnere italiano gli dedicò un copioso articolo. In seguito Babbage chiese ad Ada di tradurre l’articolo in inglese aggiungendo, dove lei ritenesse opportuno, delle note.

Illustrazione di Irene Renon
Illustrazione di Irene Renon

Ada Lovelace compilò una quantità di note tale da superare in lunghezza il doppio del pezzo originale. In questi suoi pensieri sta il fulcro dell’importanza storica della sua figura per il mondo dell’informatica. Ella vi descrive, infatti, un algoritmo che permettesse alla Macchina Analitica il calcolo dei numeri di Bernoulli che, di fatto, rappresenta il primo programma informatico della storia dei computer.
Se questo già non fosse un merito enorme, la Lovelace – prima nella storia - si spinse a riconoscere ai calcolatori un ruolo che andasse oltre le mere operazioni matematiche, ritenendoli utili nell'elaborazione di una moltitudine di dati differenti informati, oltre il mero numero, anche delle lettere, della musica e delle immagini, così da rendere la macchina funzionale alle molteplici espressioni umane, cosa che fino ad allora non era mai nemmeno stata presa in considerazione, ma che previde con largo anticipo l’uso contemporaneo del computer
Benché i freddi numeri fossero il punto di partenza, quella di Ada Lovelace era una scienza visionaria e poetica, intesa ad aprire la via verso un’ulteriore espressività per tutto il genere umano. Così fu. Per questo, nonostante anni di oblio, la sua figura è stata rivalutata e omaggiata in vari modi, tra cui una citazione quando, nel 1979, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti sviluppò il linguaggio di programmazione denominato, appunto, ADA.

“L'immaginazione è la facoltà della scoperta, prima di tutto. È quella che penetra nei mondi nascosti attorno a noi, i mondi della Scienza.” – Ada Lovelace

Illustrazione di Irene Renon: https://www.instagram.com/ireneagh/
 

 

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